Un po' di attenzione, please, all'articolo che pubblichiamo in seconda pagina.
Non è una notizia da poco, almeno nei suoi contenuti, perché, in linea generale, la nascita nella nostra Isola di una sede
territoriale dell'Associazione italiana per la Cultura della Qualità, cioè di quella Istituzione nata per educare
al concetto di qualità, anche attraverso corsi di formazione e convegni, e che si propone di diffonderne in ambito
nazionale i metodi di certificazione guardando non solo a prodotti e servizi, ma anche ad Organizzazioni, è un evento
sicuramente importante, da salutare con positività.
La qualità, infatti, non si improvvisa: un buon prodotto è il risultato di un buon processo messo in moto per ottenerlo e
ogni operazione deve essere compiuta con professionalità consapevole e a garanzia della qualità finale.
Se ciascuno fa bene la sua parte, il risultato non può che essere un risultato di qualità, che costituisce elemento
determinante per competere in ambito internazionale con qualche possibilità di successo in più.
Ed è di qualità che bisogna parlare anche per i nostri Atenei nazionali, usciti più o meno con le ossa rotte da una riforma
accademica che ha concesso loro l'arma a doppio taglio dell'autonomia.
Perché l'autonomia è come un martello: se lo usi bene ti appendi un quadro nella stanza, se lo usi male spacchi la testa
al primo malcapitato che rientra nel tuo raggio d'azione.
Nulla da obiettare pertanto sull'interesse dell'Università di Palermo verso l'istituzione dell'area territoriale siciliana
dell'Aicq, un interesse spinto al punto da patrocinarne l'istituzione, come richiamato anche dalla stampa locale.
Ma ...
Ma c'è qualche conto in tutta questa qualificante operazione che non mi torna.
Qualcuno mi aiuti a capire, per esempio, come mai l'Aicq, che è nata a Milano l'11 maggio del 1955, dall'Ateneo del
capoluogo siciliano è stata "scoperta" soltanto adesso;
come mai, visto che di valutazione nell'Ateneo di Palermo si parla già almeno da due anni (il decreto rettorale di
costituzione del Nucleo di valutazione interno è del 3 ottobre 2002), l'interesse alla sede siciliana dell'Aicq è
arrivato a una distanza minima, appunto, di due anni;
come mai viene sollecitato un decentramento, nonostante il funzionamento di anni della Aicq Centro-Insulare con sede di
riferimento Roma, che conta numerosi iscritti anche in ambito siciliano;
come mai viene sponsorizzata un'istituzione - in cui evidentemente si crede - senza ancora oggi farne parte: nessuno degli
Atenei siciliani risulta, infatti, tra gli iscritti all'Associazione per la Cultura della Qualità.
Insomma, l'esistenza di un Sistema Qualità anche in ambito accademico è un requisito indispensabile per essere certificati
in accordo a riconosciuti standard internazionali (pensate che, a fronte di un interesse siciliano così "novello", l'Università di
Camerino, per esempio, ha già ottenuto il marchio di qualità ISO 9001 e l'Università di Perugia ha ottenuto la
certificazione di qualità per alcuni dei suoi servizi agli studenti), ed è dunque da perseguire, ma in modo "diretto,
serio e consapevole", senza operazioni che potrebbero sapere di scappatoie per facilitare il raggiungimento dell'obiettivo.
Oggi che, con l'autonomia, la pubblicità comparativa, di fatto, è entrata anche nelle Università, la certificazione
è diventata un'esigenza irrinunciabile per competere sul terreno della Qualità Totale: ma la qualità, come dicevo prima,
non si improvvisa e nemmeno si può inventare quando non c'è.
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