La ricerca scientifica individuale, se adeguatamente incoraggiata, può consentire, non meno dell'organizzazione in
gruppi strutturati, di approdare a risultati importanti, partendo da una felice intuizione.
Su questo presupposto si basa il nostro interesse nei confronti dell'invenzione di cui ampiamente vi diamo notizia,
in esclusiva mondiale, con l'intervista che apre questo numero di "Ateneo Palermitano".
L'invenzione, brevettata in Europa e - cosa ancora più prestigiosa vista la rigidità delle procedure
selettive - negli Stati Uniti, è il risultato di studi decennali di un ingegnere palermitano che vive per metà a
Varese e per metà a Torremolinos, nella Spagna andalusa.
L'ingegnere si chiama Eliodoro Pomar e noi lo abbiamo incontrato in uno dei suoi soggiorni palermitani - anzi,
per la verità, mondelliani - da lui tanto amati in ogni stagione dell'anno.
Eliodoro Pomar - una laurea a soli 22 anni con una tesi sugli impianti di produzione delle benzine sintetiche -
è il progettista (su incarico del Comitato nazionale per le ricerche nucleari) degli impianti generali del primo
Centro di ricerche nucleari italiano (ceduto poi per novantanove anni all'Euratom), del quale faceva parte anche Ispra 1,
il primo reattore nucleare nazionale.
Di Ispra 1 l'ingegnere Pomar progetta anche la condotta di ventilazione esterna - il cosiddetto "camino" - una
struttura metallica di oltre 70 metri di altezza di cui dirige personalmente anche la costruzione.
Nonostante gli impegnativi incarichi al Centro, Eliodoro Pomar non abbandona la ricerca scientifica individuale,
lavorando a un tipo di "motore rotativo centrato" potenzialmente in grado di rivoluzionare la motoristica
mondiale con particolare riguardo al settore automobilistico.
E per la verità, non di sole automobili potrebbe trattarsi. Perché, come ci ha raccontato, il suo motore -
davanti al quale il Wankel può considerarsi preistoria - potrebbe trovare applicazione anche su mezzi pesanti come
aerei e carri armati.
Non per nulla ha destato la curiosità di certo mondo orientale, che però non lo avrebbe destinato a fini pacifici.
Lui ha detto no, con la determinatezza di chi ha le idee chiare e se le tiene ben strette.
L'intervista, naturalmente, per i temi trattati e per il modo in cui vengono affrontati, non è per tutti, ma nemmeno
soltanto per gli addetti ai lavori.
Perché sapere, per esempio, che tra qualche anno il mondo dovrà necessariamente andare verso l'uso di motori policombustibili
a causa della crisi dei carburanti (motivata a breve scadenza dal loro
grado di inquinamento e a lunga scadenza dal costo e dalla rarefazione del combustibile), che
ciò causerà gravissimi problemi di riconversione dei motori attualmente in uso e che se non si trovano soluzioni oggi
(e il motore Pomar potrebbe essere una soluzione adeguata) difficilmente saremo in grado di affrontare la crisi
epocale che si sta delineando, sapere tutto questo - dicevamo - non è del tutto inutile e i mezzi di informazione,
ancora una volta, potrebbero giocare un ruolo fondamentale.
Noi, pubblicando oggi l'intervista a Eliodoro Pomar, offriamo un servizio di cui chiunque può far tesoro,
ma che speriamo venga accolto, in particolar modo, da chi ha competenza e strumenti per agire.
Il tema della valorizzazione della ricerca, non nuovo a livello internazionale, in ambito
nazionale è ancora poco consolidato, nonostante possa riuscire estremamente utile all'incremento della competitività
del sistema economico italiano.
I brevetti rappresentano una delle principali forme di valorizzazione della ricerca e quelli americani, in particolare,
come il brevetto del motore Pomar, garantiscono ancora meglio l'affidabilità dello studio da cui essi stessi generano.
Una ragione di più perché anche le nostre Università possano guardare a loro con interesse, al fine di sviluppare quella
cultura del mecenatismo scientifico a cui sono ancora così poco avvezze.
Perché è proprio la natura istituzionale delle Università - tendente a modelli di ricerca speculativa non necessariamente
agganciati alla politica produttiva delle industrie, ma che in sinergia con quella potrebbe contribuire, lo ribadiamo,
allo sviluppo del sistema produttivo nazionale - a giustificare tale interesse.
E' tempo di ripercorrere, in senso opposto, la strada degli investimenti nella applicazioni tecnologiche, finora
neppure lastricata di buone intenzioni.
Perché, nonostante la ricerca nel settore dell'alta tecnologia abbia in sé implicazioni economiche e gestionali di
tutto rispetto, le ricadute, sicuramente positive - non è un mistero per nessuno che da sempre il vantaggio tecnologico si
è tradotto in potere - dovrebbero convincere almeno a cominciare.
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