diretto da Francesca Patanè

ottobre 2004 numero 34

Strumenti o strumentalizzazioni?

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di Francesca Patanè

Ho ricevuto la lettera aperta che i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Cisal di Palermo hanno diffuso a tutte le realtà accademiche locali e inviato anche agli Organi di stampa.
La lettera, che pubblichiamo in apertura di questo numero non per alimentare la polemica, ma per far intendere meglio quanto scrivo, contiene una serie di "rimostranze" nei confronti dell'attuale direttore amministrativo dell'Ateneo palermitano Mario Giannone.
Premetto che io non ho niente contro il dottor Giannone: pur lavorando all'Università, tra l'altro, non lo conosco nemmeno, protetto com'è dal muro di gomma del suo entourage, ma non ne parlo nemmeno a favore.
Nel senso che non vi aspettate da me che mi schieri: non rientra né nelle mie intenzioni, né nelle mie abitudini.
Io cerco, come sempre, di parlare di fatti.
E se i fatti sono (quasi) sempre a sfavore di chi gestisce l'Ateneo, questo non può imputarsi certo a chi li denuncia, ma a chi li compie (o se ne astiene, a seconda dei casi).

Pertanto non critico neppure le Organizzazioni sindacali che, denunciando pubblicamente quei fatti, fanno il loro lavoro, quello, anzi, che avevano lasciato nel cassetto per troppo tempo, da quando, cioè, abdicando al loro ruolo, più che di garanti dei diritti e degli interessi dei lavoratori, hanno assunto le sembianze di partito politico, ora allineandosi con il potere, ora contrapponendovisi, ma solo - ridisegnando percorsi professionali individuali in chiave di carriera politica - per conquistare questa o a quella poltrona.

Perciò ben venga la lettera "di risveglio" delle coscienze sindacali.

Però un'osservazione mi sia consentita, perché singolare non è l'iniziativa, singolare è che, di quello che denunciano, si stiano accorgendo soltanto adesso.
E qui mi rivolgo soprattutto a chi conosce presente e passato dell'Università di Palermo e anche alle Organizzazioni sindacali che mi hanno coinvolta, nei fatti, doppiamente: come dipendente dell'Ateneo e come direttore di un organo di informazione universitaria.
Avete dimenticato, signori, i tempi di certi altri precedenti direttori amministrativi? Quando ci si poteva mostrare al loro cospetto solo se amici o "allineati", quando i collaboratori venivano scelti non in base alle loro referenze, ma all'appartenenza al sindacato di fiducia, quando chi non era con loro automaticamente era contro di loro, con tutte le conseguenze del caso?

Direttore che passa, metodologia di gestione che rimane.
Che volete farci. A Palermo funziona così.

Dunque non è strano che i sindacati protestino oggi contro un (a loro dire) deludente Giannone, è strano che a protestare ci stiano pensando solo ora.

Per questo la lettera aperta, generalmente utile strumento divulgativo - ferme restando le osservazioni sull'operato di Giannone che, se dimostrabili, è giusto - com'è scritto - che si sostengano, e fino alla fine, presso tutte le sedi competenti - mi appare oggi in odore di strumentalizzazione e giustificata dal "furore" del momento, che durerà - almeno per qualcuno - fino a quando il vento non comincerà di nuovo a spirare a favore.

Ai tempi del comunismo, quello vero, le lotte di classe erano ideologiche, prima di tutto: oggi, col comunismo finto, delle lotte di classe non c'è nemmeno la classe.
Quando manca la spinta ideologica, intendo dire, quella dei princìpi in cui credere e per i quali battersi al di là delle contingenze di volta in volta più o meno favorevoli, resta solo l'utilitarismo del momento.

Cos'è rimasto, amici sindacalisti, del vecchio sindacalismo, quello vero?

f. p.


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