Un collega dell'Ordine dei Giornalisti di Salerno, Enzo Mellano, ci ha chiesto di appoggiare la battaglia che lui (e non solo lui) da anni sta combattendo perché ciascun contribuente italiano possa destinare il proprio "otto per mille" del gettito Irpef alla ricerca scientifica.
Abbiamo aderito alla richiesta perché la condividiamo, e poiché consideriamo l'attuale legge che ne regolamenta la destinazione - per il modo in cui è stata strutturata - una violenza alla libertà morale dell'individuo, cogliamo l'occasione che ci ha fornito il collega per lanciare da queste pagine un appello a favore della sua iniziativa, che è poi quella di raccogliere le firme per modificare una normativa di craxiana memoria, ma dall'efficacia, ahinoi, ancora intatta.
La storia dell'otto per mille comincia infatti con l’accordo stipulato tra lo Stato italiano, rappresentato dal socialista Bettino Craxi e la Chiesa cattolica nel 1984, quando l’allora presidente del Consiglio sigla con Agostino Casaroli, segretario di stato Vaticano, l’“accordo di modificazione del Concordato lateranense”.
In tale modifica, vengono aggiornate all’ordinamento corrente le vecchie disposizioni dei Patti Lateranensi del 1929, di fatto si gettano le basi di quanto accade successivamente, il 15 novembre dello stesso anno, quando monsignor Attilio Nicotra per il Vaticano (ribattezzato "monsignor otto per mille") e il professor Francesco Margiotta Broglio per lo Stato italiano, regolarizzano, con un altro accordo, la parte economica dell’intesa politico-giuridica siglata in precedenza da Craxi.
Il tutto ben incasellato nell’ordinamento giuridico dello Stato italiano dalla legge n° 222 del 20 maggio 1985.
E' di fatto dal Concordato craxiano, dunque - che negli anni successivi induce il combattivo giornalista Enzo Pezzati a pubblicare un delizioso pamfhlet che vi consigliamo di leggere: "Il Concordato da stracciare" -
che origina l'otto per mille, ed è dalla data di quell'accordo che hanno avuto inizio le battaglie per modificarne la regolamentazione.
Con il Concordato craxiano, lo Stato non finanzia più il clero, come prima dell'84
(all'epoca della cosiddetta "congrua"), ma il meccanismo che si è attivato a seguito dell'accordo di fatto gli
restituisce, attraverso la compilazione della dichiarazione dei redditi da parte dei contribuenti, ciò che gli ha
apparentemente tolto e pure con gli interessi.
Ciascun cittadino italiano, infatti, compilando la propria denuncia dei redditi, con una semplice firma può decidere di destinare lo 0,8 % delle tasse pagate ad una delle seguenti Istituzioni: Stato, Chiesa Cattolica, Tavola Valdese, Unione delle Comunità Ebraiche, Unione delle Chiese Avventiste del Settimo Giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione Cristiana Evangelica Battista in Italia e Chiesa Evangelica Luterana.
Altre confessioni religiose come l’Unione Buddista Italiana, i Testimoni di Geova e l’Unione dei Musulmani d’Italia da tempo cercano di entrare nella rosa dei privilegiati, ma, quando i commensali aumentano, le porzioni, si sa, sono più ridotte e allora non c'è stato sinora grande interesse a fare sbocciare ulteriormente questa rosa.
Ma se il cittadino può decidere liberamente tale destinazione, dove sta l'inghippo?
Sta, come al solito, in quelle clausole scritte in corpo 1 (si fa per dire), cioè scritte con caratteri talmente minuscoli da essere quasi sempre saltate in blocco (molto poco avvedutamente).
La più significativa: “In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”.
Perciò la libertà dell'individuo, che consiste anche nel potere di non scegliere, è una libertà solo apparente: in realtà,
la maggior parte del "fondo otto per mille" proveniente da chi non ha espresso alcun parere va a rimpinzare ulteriormente
le finanze della Chiesa cattolica, già ben sostenute dalle scelte dichiarate di tutti quei milioni di cattolici che decidono di firmare a suo favore.
Questo perché, delle quote inespresse, viene destinata alla Chiesa cattolica, una percentuale pari a quelle ottenuta nelle preferenze espresse.
Per spiegare meglio il perverso meccanismo, un esempio (che non è nostro, ma di Luigino Capone): se 20 milioni di italiani non eprimessero alcuna preferenza, e sui 5 milioni restanti, 4 milioni destinassero l’otto per mille alla Chiesa cattolica, in Vaticano percepirebbero, nella ripartizione finale, oltre ai 4 milioni di preferenze “volontarie”, altri 16 milioni di preferenze, incassati applicando ai voti inespressi la percentuale ottenuta nelle preferenze (80 %).
Il ricavato che la Chiesa cattolica ottiene dall'intera operazione-otto per mille supera in tal modo, grazie al meccanismo subdolo della normativa vigente, persino l'effettiva volontà popolare. E se a queste cifre si aggiungono anche quelle investite dallo Stato, che per esempio nel 2002 ha destinato il 48,34% del suo otto per mille alla conservazione di edifici religiosi cattolici, si comprende facilmente da quale parte pesa la bilancia in Italia.
A riprova di ciò, la fine che ha fatto - e con ciò torniamo ai temi più di nostro interesse - la proposta avanzata al Senato due anni fa dal segretario nazionale del Pri, Francesco Nucara e dal senatore Antonio Del Pennino per tamponare, in parte, l'emorragia di fondi dalle casse delle Università: destinare, con un emendamento alla Finanziaria 2003, buona parte dell’otto per mille al fondo di finanziamento ordinario dell’Università fino al ripristino dei valori previsti dalla legislazione vigente per il 2002 e riservare le somme rimanenti al Fondo investimenti per la ricerca di base. La proposta - superfluo sottolinearlo - è stata ignorata.
Eppure proprio dalle Università, che sono (almeno teoricamente) la fucina della ricerca scientifica, potrebbe partire la correzione del tiro per ciò che riguarda la destinazione dell'otto per mille del gettito Irpef: un sistema semplice di autofinanziamento, ma anche una forma di contestazione ulteriore contro la riduzione dei fondi per la ricerca scientifica che tutti gli Atenei nazionali - e non solo quelli che hanno già aderito all'iniziativa, come le Università di Roma, Milano, Pisa, Sassari, Viterbo - hanno il diritto/dovere di attuare, perché, come dice il collega Mellano, fondare buona parte della ricerca sulla vendita di arance e azalee non è precisamente quello che ci si aspetterebbe da un Paese "avanzato" come il nostro è ritenuto.
Purtroppo in Italia la ricerca scientifica non rappresenta ancora una priorità e un'occasione di sviluppo: ce lo confermano i dati recentemente pubblicati dalla Commissione Ricerca dell'Unione Europea: nel 2003 i fondi per la ricerca nel nostro Paese sono diminuiti del 5,9%, scendendo al livello di 6.9 miliardi di euro, rispetto ai 16.9 della Germania, ai 12.8 della Gran Bretagna e ai 12.2 della Francia. E nel progetto di riforma, peraltro, la ricerca scientifica è valutata essenzialmente in funzione del supporto che è in grado di offrire all'industria, in particolare alle piccole e medie imprese, e non per la sua natura culturale e conoscitiva "pura".
La nostra non è una battaglia anticlericale, perché altrimenti dovremmo dire che nel bilancio della Conferenza episcopale italiana, che gestisce l'otto per mille destinato dai contribuenti alla Chiesa cattolica, gli "interventi caritativi" (quelli degli spot pubblicitari realizzati per convincere i cittadini) appaiono solo al terzo posto, dopo le voci "esigenze di culto" e "sostentamento del clero". (Nel 2003, secondo il sito ufficiale "Sovvenire" della Cei, la Chiesa cattolica ha ricevuto 1.016,4 milioni di euro, destinati come segue: 422,5 milioni (il 41,57%) per le esigenze di culto, 329,5 milioni (il 32,42%) per il sostentamento del clero, 185 milioni (il 18,20%) per gli interventi caritativi, mentre 79,4 milioni (il 7,81%) sono stati accantonati come riserva e di questi fondi, pertanto, non è stata ancora decisa l'utilizzazione).
Non è neanche occasione di strumentalizzazione politica, e pertanto dell'onorevole Umberto Bossi che tuona(va) contro l'otto per mille alla Chiesa cattolica
e del presidente Silvio Berlusconi che, anche se non lo cita espressamente di
fatto sconfessa Bossi, dichiarando pubblicamente che non gli risulta sia mai stata avanzata da esponenti della Casa delle Libertà alcuna ipotesi di abolizione e che i rapporti tra Governo e Chiesa non sono mai stati così buoni, non ce ne importa proprio niente.
La nostra è una battaglia laica, una battaglia di libertà.
Facciamo appello, dunque, a tutte le Istituzioni accademiche italiane, alla sensibilità dei docenti, del personale universitario, di tutti coloro che a vario titolo hanno modo di constatare più da vicino la crisi del settore della ricerca scientifica e, più in generale, a tutti i nostri lettori, affinché possano associarsi ai tanti - docenti, giornalisti, politici, ricercatori, gente comune -
che hanno già aderito alla campagna di raccolta delle firme per la modifica dell'attuale normativa che regola la destinazione dell'otto per mille del gettito Irpef e che, con il loro personale
apporto, potrebbero contribuire a riequilibrare la scarsità di investimenti che lo Stato italiano destina attualmente al settore della ricerca scientifica.
Per aderire basta collegarsi al sito http://www.clubfattinostri.it/8x1000 e seguire le semplici istruzioni lì riportate.
A noi, da questa pagina di libertà, sperando che la pausa estiva vi faccia meditare su quanto avete appena letto, non resta che augurarvi, ancora una volta, buone vacanze!
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