Un corpo accademico in pompa magna con rettore in testa e senza toghe di ermellino.
Così si sono presentati i professori universitari palermitani per l'inaugurazione
dell'anno accademico.
Spogliatisi delle loro vesti togate per protestare contro la
Moratti (che sinceramente ci sembra abbastanza vaccinata da non scandalizzarsi alla vista
di un pugno di docenti siculi attempati anzicheno e formalmente nudi), nel pieno del
carnevale - quando si dice la tempestività - , gli accademici palermitani hanno dichiarato
ufficialmente iniziato un nuovo anno, ma non un anno normale, appunto, bensì un anno all'insegna
della contestazione, come ai tempi migliori della migliore contestazione studentesca,
quella del '68 (con buona pace della successiva Pantera).
E' in fibrillazione, dunque, come quello di molti altri Atenei italiani,
il Corpo Accademico palermitano. Ma una voce fuori dal coro c'è, almeno per ciò che riguarda
la forma della protesta.
Da essa, infatti, pare si sia dissociata la Facoltà di Giurisprudenza,
il cui preside Giovanni Tranchina ha fatto sapere a nome della sua Facoltà di non aderire agli scioperi,
al blocco delle lezioni e a tutte le forme di contestazione in atto e in fase
di realizzazione.
Inizia così l'anno accademico 2004-2005, che passerà alla storia come l'anno
accademico della discordia.
La cerimonia di inaugurazione, che ha avuto luogo non nella Sala Magna dello Steri,
come ci si sarebbe aspettato, ma - forse non a caso - in un luogo di spettacolo, il cinema Edison,
ha visto in platea uno sventolar di manifesti antidecreto morattiano e ci vuole
coraggio a dichiarare, come ha fatto il rettore Silvestri, mentre la casa scricchiola e il
terreno sotto i piedi sta per crollare, che si è trattato di un momento di discussione e di dialogo
in cui l'Università ha riflettuto sul suo ruolo.
"Chi mette mano alle regole - ha puntualizzato il rettore - non può non chiedersi se vuole ottimizzare
il sistema attuale o vuol porre in essere un darwinismo che faccia sopravvivere nel pieno
della dignità scientifica e didattica solo poche Università e lasci le altre
al rango inferiore, di pressoché esclusivo insegnamento".
Belle e dotte parole (a parte ottimizzare).Parole che fanno colpo su un pubblico già propenso a essere colpito.
Peccato però che "le altre" Università il rango inferiore se lo siano scelto da loro, e già da tempo.
Chi l'ha detto, infatti, che in certe Università i servizi
debbano languire, la gestione delle risorse debba essere inconcludente,
la disorganizzazione debba regnare maestra, la progettazione debba restare lettera morta,
la preparazione professionale bene o male in ogni settore debba essere carente e le proposte
didattiche - in particolare quelle dei bienni specialistici, come
abbiamo già rilevato sull'editoriale del n. 19-20/2003 ,-
debbano essere irrazionali, inadeguate, se non addirittura inestistenti?
Chi l'ha detto che certe Università è giusto che restino al rango inferiore?
E' inutile piangersi addosso adducendo
giustificazioni alle proprie inefficienze con motivazioni di comodo come quelle che gli Atenei del Sud sono penalizzati
da un contesto meno florido, che il tessuto industriale è meno sviluppato e che le tasse universitarie a carico degli studenti
sono le più basse d'Italia.
Sanno gli Atenei del Sud rimboccarsi le maniche e lavorare per la propria evoluzione? In Sicilia le imprese non dialogano
abbastanza con l'accademia. E' stato detto. Ma è certo che l'accademia faccia il possibile per dialogare con le imprese?
Letizia Moratti col suo ddl- e con lei tutti i milioni di italiani che, fuori dalle pastoie accademiche, sanno osservare
una realtà che è sotto gli occhi di tutti e che a certi accademici dà fastidio vedere - ha semplicemente preso atto di
un problema che, per quanto in suo potere, sta tentando di risolvere.
E se per curare la malattia occorre estirpare il dente cariato, perché non farlo? Il medico pietoso
fa la piaga verminosa. E poi, nella fattispecie, il dente non sarà neppure necessario estirparlo: cadrà da solo.
"Dobbiamo saper passare dall'Università dell'assistenza e della cattiva eguaglianza, all'Università del merito e delle
occasioni e legare a questa trasformazione la richiesta di nuovi fondi - scrive Aldo Schiavone su "La Repubblica" -
Nella formazione superiore, democrazia significa possibilità di accesso, non mancanza di selezione o rinuncia alla
valutazione. Se l'Università pubblica non sarà capace di creare percorsi e curricula differenziati, di riconoscere
e premiare l'eccellenza e insieme di fermare la corsa al ribasso nella formazione di massa, invece di nasconderla
sotto le spoglie di un egualitarismo senza prospettive - che è solo un colossale inganno - essa avrà i giorni contati".
Cari, vecchi prof, non c'è più tempo per piangere e per rimpiangere il buon tempo andato: lo scossone determinante alla cariatide
accademica è stato assestato.
Come ha detto il ministro La Loggia, presente all'inaugurazione
palermitana, la riforma "guarda al buon funzionamento dell'Università, cui è interessato un milione e mezzo di studenti".
Mi pare un ottimo motivo per andare avanti.
E a proposito di inaugurazione palermitana, la prossima volta - se mai ci sarà - speriamo non la facciano coincidere
di nuovo col carnevale.
Qualcuno potrebbe equivocare.
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