Il piacere della (ri)scoperta
Rubrica: EditorialeTanti problemi affliggono l’Italia ma uno in particolare rallenta lo sviluppo del Paese: la scarsa disponibilità di risorse naturali. Con un’industria di trasformazione che deve fare i conti con una concorrenza sempre più agguerrita e un livello energetico che copre solo in parte il fabbisogno del territorio nazionale c’è poco da stare tranquilli. Anni fa esponevo le mie preoccupazioni al padre di un amico conosciuto durante gli studi universitari, vi lascio immaginare lo stupore quando raccontai a lui e alla sua famiglia che, in realtà, il petrolio da estrarre ci sarebbe.
Faticavano a crederci. Forse sbagli, dicevano. E io imperterrito.
E’ di qualche settimana fa la notizia secondo cui una delle storiche sette sorelle del petrolio, la Shell, avrebbe individuato, sotto le Egadi, un ricco giacimento di petrolio. Il condizionale è d’obbligo, ma questo confermerebbe quanto avevo sostenuto un paio d’anni fa. Premesso che non ho i superpoteri né vie preferenziali per accedere a indiscrezioni di questo tipo, come potevo già esserne a conoscenza?
Semplice: si sta spacciando per nuova una notizia vecchia di anni. Evidentemente in Italia si ricicla di tutto, eccetto la spazzatura. Per quanto ne so – perdonate eventuali imprecisioni, ma all’epoca ero appena un ragazzino – l’Agip Petroli già nel 1994 aveva realizzato prospezioni e un pozzo esplorativo in quell’area, all’epoca si ipotizzava che il giacimento si estendesse fino alla Tunisia. La scoperta inoltre innescò una querelle tra Stato e Regione, di cui – se non erro – aveva scritto anche il Giornale di Sicilia. Poi il buio.
Dopo anni di silenzio, l’annuncio della possibile scoperta. O meglio, della riscoperta. Non saprei dire come mai una notizia di questa importanza sia finita nel dimenticatoio, ma quello che mi stupisce non è il tempismo di alcuni giornalisti nel riesumarla (proprio ora che si discute della terribile marea nera che ha colpito gli Stati Uniti). Mi chiedo semmai dove sono i docenti delle Università siciliane, i ricercatori, i geologi. Gli esperti, insomma. Dove sono quelli che prima di chiunque altro dovrebbero sprecare qualche parola sull’argomento? Ovviamente sono graditi anche interventi da parte della classe politica locale – per esempio per spiegare perché nessuno, prima della Shell, si è più interessato alla questione – ma temo che mi toccherà aspettare almeno altri sedici anni prima di ottenere una risposta…
Manfredi Pomar
(maggio 2010)